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giovedì 18 gennaio 2018

Autori: Claudio Castellini

Estate 1988. Calda, afosa, sicuramente nella realtà delle cose meno di come me la ricordo. Se ci ripenso però mi vedo (e mi sento) sudato. E sento l'odore nuovo di quelle pagine in bianco e nero così diverse rispetto a quelle a colori del Topolino (ancora Arnoldo Mondadori Editore) e del Corriere dei Piccoli. Dicevamo: estate. Gialla, solare. E di sicuro un po' noiosa a tratti. Un po' la noia ma anche un po' di voglia di "rivalsa" verso quelle copertine che gli anni precedenti mi avevano un po' spaventato mi spinsero a passare in edicola quella mattina.
Nell'espositore dei fumetti c'era il numero 46 di Dylan Dog. Usciva già da qualche tempo, quindi. Ma io ero piccolo per leggerlo.


Fino ad allora le copertine di Villa che da lì a poco tanto mi avrebbero emozionato le ricordavo dalla pubblicità in 4a di copertina dei Tex del papà e mi incutevano timore. Nel frattempo, il copertinista era cambiato. La cover di quel numero estivo era esoterica, accattivante.
"Inferni" l'ho fatto leggere un po' a tutti gli amici dell'epoca. Con l'entusiasmo di chi scopre una cosa nuova e deve assolutamente farlo sapere agli altri. L'entusiasmo era lo stesso sentimento che coglievo in quelli a cui lo prestavo. Pur avendolo sfogliato almeno in quindici nel giro di un paio di giorni quel numero 46 risulta ancora quasi perfetto. Proprio perchè un po' tutti eravamo in soggezione di
fronte alla novità di un fumetto del genere e quindi stavamo attentissimi a non scollare le pagine e
a non rovinarlo.
Due mesi dopo, nell'euforia costante di scoprire quello che sarebbe uscito in edicola, fu il momento di "Horror Paradise". E tutte le mie certezze e convinzioni riguardo il fumetto furono ribaltate. Non avevo mai visto dei disegni del genere, con buona pace di Ambrosini, Montanari & Grassani e gli altri che avevo visto nei Martin Mystere e Tex che avevo letto nel frattempo. I disegni di questo numero di Dylan Dog erano super dettagliati, le figure si stagliavano imperiose e inquietanti con delle "pose" e delle espressioni in grado di farmi passare interi minuti a guardarle. Le pagine scorrevano in avanti e poi indietro. Horror Paradise dopo una settimana e passando solo per le mie mani era decisamente più rovinato e consumato di tutti i fumetti della mia ancora piccola collezione.
E la colpa non era tanto della sceneggiatura o nel soggetto della storia, che ad oggi a malapena mi ricordo. Era tutta di Claudio Castellini e del suo lavoro assolutamente incredibile.
Ricordo che quando iniziai a leggere l'albo ero già molto incuriosito dall'editoriale. Un disegnatore che lascia Dylan Dog per creare qualcosa di nuovo? E ci volevano addirittura MESI per farlo? Benedetta ingenuità...
Prima ancora di partire con la lettura, ero già curioso di vederlo sto Nathan Never. Sarebbe stato meglio di quello che si leggeva all'epoca? Avrebbe rivoluzionato il genere? Ne compro due copie del numero uno che magari poi me lo rivendo ? Accadde un po' tutto.
Un pugno nello stomaco, arte allo stato puro. Figure non solo realistiche come per gli standard (che io identificavo in) Bonelli, ma qualcosa di molto più forte e unico. Iconico.
Claudio Castellini e la sua arte, le sue figure iperdefinite e tutti quei muscoli e quei dettagli lì a farsi ammirare.
Non credo serva specificare che all'epoca Internet non era quello che lo intendiamo oggi (il protocollo http nacque nel '91) e gli unici ad avere un accesso "connesso" erano i folli/marpioni che usavano il videotel della SIP.
Proprio per questo, riuscire a scoprire e reperire informazioni sugli autori, i disegnatori, i fumetti (come per tutte le altre cose) obbligava noi regazzini dell'epoca a consultare come alternativa obbligata all’attuale Wikipedia le fanzine ma sopratutto i nerd che frequentavano le appena nate fumetterie. Quindi, dopo Horror Paradise mi trovai a girare tutte le edicole di Padova che tenevano albi di resa per cercare "La casa infestata" ad un prezzo più basso rispetto a D'Angiò (fumetteria storica di Padova frequentata dagli attuali “Nerd Anziani”). Alla fine, in Corso Milano riuscii a recuperare l'albo in questione e qualche altro arretrato. Inutile dire che fu una sensazione bellissima.
E per l'ennesima volta: che disegni! Nell'ultima intervista che ho scovato fatta al Maestro, su Fumettologica, Claudio racconta del suo amore per la famiglia e dei cambiamenti nel suo modo di intendere la vita e il fumetto. Non è più disposto a scendere a compromessi con il suo credo cristiano e quindi oltre a disertare l'attuale mondofumetto fatto di scadenze serrate che obbligano l'artista a scendere a compromessi con il det taglio del proprio lavoro non è più disposto a disegnare cose "estreme". Ovviamente ne sono dispiaciuto, ma non mi sento di criticarlo. E' una scelta importante e va rispettata. “La casa infestata” rimane per me uno degli albi più forti ed incisivi di Dylan (e assolutamente non sono un fondamentalista dei "primi 100 numeri e poi il nulla").
Sto scrivendo questo post di getto, non ho uno schema se non l'intenzione di lasciarmi trasportare da emozioni e pensieri.
Arrivo quindi a Nathan Never, il fumetto che ha lanciato definitivamente il Nostro nell'olimpo dei disegnatori. Dopo Nathan, infatti, la Marvel. L'America. Il primo disegnatore italiano che ha catalizzato l'attenzione dei fan oltreoceano sul nostro paese.
Aspettavo con ansia l'esordio della creatura di Medda,Serra e Vigna. Perchè mi piace da sempre la fantascienza (leggevo avidamente Urania all'epoca) e perchè ero curioso di capire come si sarebbe sposato l'ultradettaglio ad un genere così ricco di suggestioni.
Sarei stato premiato con un numero uno fuori da ogni standard per qualità finale. Le copertine erano una meraviglia e il design...ragazzi che roba!. Sembrava di poter toccare con mano quel futuro incasinato e fracassone, fatto di impianti bioneccanici e ferraglia in movimento. I corridoi dei palazzi, le strade, tutto urlava futuro e oppressione. Era un qualcosa di nuovo ed iconico. E a quanto pare molti appassionati di fumetto identificano un pre e post Castellini. Non ci furono altri albi completi di Nathan disegnati da lui come dicevo. "Solo" copertine, una più bella e iconica dell'altra.
Poi passó in Marvel, a gettare le basi per quella che sarà poi una piccola grande invasione di talenti nostrani negli anni a seguire.

Recentemente mi è venuta voglia di cercare nella mia libreria il suo Silver Surfer, prima opera completa per il mercato statunitense. Beh...non l’ho trovato, perso in un trasloco. Fortuna che adesso esistono i cataloghi online e le fumetterie con i motori di ricerca interni.
Ho sentito di doverlo recuperare e rivederlo. Ammirarlo. Che potenza assoluta nelle figure ultra dettagliate del surfista d’argento e di Thanos!. I colori non rendono grazia al talento del Nostro, ma comunque resta un'opera incredibile. Non tanto per la storia, abbastanza semplice e funzionale (sopratutto) al disegno. Mi sto dilungando forse troppo, e sinceramente l'emozione e l'entusiasmo nel parlare di un autore che ha segnato la mia infanzia finisce per esaltare il senso di "WOW" ed essere poco obiettivo. La raccomandazione ovviamente è quella di recuperare i suoi volumi, anche Wolverine The End che ci regala un Ghiottone di rara bellezza e potenza, anche qui purtroppo non supportato da una scrittura degna della qualità del tratto ma quel tanto basta per essere una storia comunque godibile. Si riesce a recuperare anche nell'edizione Grandi Saghe di qualche anno fa edito dalla Gazzetta dello Sport.

Vi saluto con un repost di link interessanti per approfondire e leggere qualcosa sicuramente scritto meglio di quanto so fare io:
FUMETTOLOGICA
COMICSBLOG
TOM'S HARDWARE VIDEO

1 commento:

  1. Un grandissimo artista, hai già scritto tutto tu :) La casa infestata anche a me è rimasta impressa come storia, con quel suo finale!

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